Come la pioggia di primavera
tinge di nuvola il giardino
e disvela nell’atmosfera
i misteri dell’ arcobaleno,
o come il silenzio inquietante del mondo
indagato nell’infinito
cui mi ritrovo, soprattutto, quando
il tuo sorriso mi lascia muto:
illuminante come un’idea,
imbizzarrito come un temporale,
più imbarazzante d’una bugia
il tuo sorridere può far male,
di un dolore commovente
che non occorre vendicare
ma custodire gelosamente
per vederlo germogliare.
Come in quiete di plenilunio
un gufo bubola di lontano,
maledicendo un demonio
in agguato in mezzo al grano
per ghermire l’imprudente
che la notte si mise in cammino
per una meta molto distante
ed un pericolo troppo vicino,
così esorcizzo il mal d’amore
che ha dannato la mia esistenza:
lasciando scorrere il divenire
che già intravedo in lontananza,
mentre Saturno paziente aspetta
che ogni destino giunga alla meta
leggo un presagio di sconfitta
nel vano esistere d’ogni vita.
E’ così che l’immoto rotola
per mediazione dell’incombente,
come ogni singola molecola
di ciascun essere vivente
che per miracolo e adattamento
tende a lasciarsi penetrare
dall’energia del cambiamento,
che ne determina il mutare.
Solo per questo mi lascio portare
come una foglia dal tuo torrente:
non per paura di annegare
ma per fluire nel tuo presente.
Siamo noi le stelle che cadono,
il desiderio e la superstizione,
siamo il tramonto in cui brillano,
e siamo anche la loro fine.