L'UOMO CHE SCAVA (Testo e musica: Bonaveri)
Osserva i calli che ho sulle mani
e l'aspra curva della mia schiena,
guarda le rughe solcarmi il viso
d'un candore di luna piena.
Sappi che il sole quaggiù è il miraggio
di questo abisso che ho costruito
e l'orizzonte è solo l'ipotesi
di un desiderio mai realizzato.
Per questo scavo senza riposo
da mille anni e sempre più a fondo,
per arrivare a contemplare il cielo
dall'altra parte di questo mondo.
Se c'è un rovescio ad ogni medaglia
allora valse la pena tentare,
che in questa follia d'occidente
io non ci posso restare
(io non ci voglio morire).
Non diffidare del mio silenzio,
non ho ricordi da raccontare.
Puoi confidarti senza timore,
trovo piacere nell'ascoltare.
Le pareti di questa forra
non tradiranno i tuoi segreti
e qui, dal bordo del precipizio,
puoi ripercorrere i giorni andati.
Ora ritorna su, in superficie,
che in questo inferno non puoi restare;
prima che Venere accenda il cielo
devi riuscire a dimenticare.
Per questo scavo senza riposo:
per incontrarmi lungo il cammino.
Sarà magnifico e doloroso
riabbracciare il mio sé bambino.
Mi siederò lì vicino.
Osserva i calli che ho sulle mani
e l'aspra curva della mia schiena,
guarda le rughe solcarmi il viso
d'un candore di luna piena.
Sappi che il sole, quaggiù, è il miraggio
di questo abisso che ho costruito
e l'orizzonte è solo l'ipotesi
di un desiderio mai realizzato.
E se per grazia o per destino
giungerò dall'altra parte,
se uscirò a riveder le stelle
per puro caso o per buonasorte,
mi resteranno le cicatrici
dello scavare sempre più in fondo,
per arrivare a contemplare il cielo
dal lato opposto di questo mondo.