La staffetta

Appesa al muro come un cappotto sdrucito
per ricordarci che inverno comunque arriva,
con il dubbio che qualcosa sia mancato
tra il gesto del respirare ed il sentirsi viva.

Appesa al muro come rimangono i sogni
quando al risveglio sfumano il riaversi,
tra la falsa emergenza dei nostri bisogni
e la memoria dell’attimo in cui ci siam persi.

Appesa al muro come una qualunque sconfitta,
crocefissa dai chiodi della tua passione.
Resta un gesto compiuto, una cosa mai detta,
una stirpe dannata, un rossetto, un maglione.

Divora il padre e la madre,
grida fortissimo il loro nome
finché il dolore scompare
e il rancore si fa compassione.
Strappa brandelli di corteccia
dalla tua pianta ferita,
lascia che goccia su goccia
agonizzi sfinita.
Bestemmia, ché tutto accade  adesso,
non c’e’ nulla di vero,
solo un mondo tracciato col gesso
da un bambino sul muro.

Appesa al muro senza sapere come,
senza l’alibi facile di una sola fotografia.
Chi ha memoria ne serbi il profilo e il nome
perché manca una lapide a raccontare chi sia.

Appesa al muro come un poster strappato
all’uscita di un cinema di periferia,
d’un film mai visto o già dimenticato,
che somiglia tantissimo alla storia mia.

Appesa al muro, che sostenne il dolore
di una stanchezza smisurata e infinita
o forse fu soltanto il senso del tuo amore
cui all’improvviso, cedesti la tua vita.

Appesa al muro come una qualunque sconfitta
crocefissa dai chiodi della tua passione.
Resta un gesto compiuto, una cosa mai detta,
una stirpe dannata, un rossetto, un maglione.

Divora il padre e la madre,
grida fortissimo il loro nome
finche’ il dolore scompare
e il rancore si fa compassione.
Strappa brandelli di corteccia
dalla tua pianta ferita,
lascia che goccia su goccia
agonizzi sfinita.
Ama, che tutto accade adesso,
non c’e’ nulla di vero,
solo un mondo tracciato col gesso
dal bambino che ero,
sul muro.