BONAVERI: RELOADED

BONAVERI RELOADEDMagnifico!
Come qualcosa che voglio cantare
senza pretese di comunicare,
come una strofa senza una rima
o questa musica improvvisata,

come le cose che ho detto prima,
come una foto nata sfocata,
come la lirica leopardiana
o come la vita, che e' proprio puttana.

 

Lascio che sia la penna di ALBERTO BAZZURRO a parlarvi del disco:

Magnifico era il titolo dell’album che nel 2007 rivelò al mondo cantautoriale un bolognese all’epoca ormai quasi quarantenne (è nato nel ’68) di cui costituiva l’opera prima (nel 2005 c’era stato Scivola via, però a nome collettivo Resto Mancha), portandolo addirittura alla ribalta del Premio Tenco. Sembrava la prima tappa di una solida ascesa, perché gli elementi c’erano tutti, sul piano sia autoriale che interpretativo, e invece tutto è proseguito incredibilmente a rilento, al punto che oggi, che gli anni sono ormai cinquanta, Germano Bonaveri (che si firma in realtà solo col cognome, da sempre) si sente per così dire in dovere di fornirci una ripassata del suo repertorio, mostrandoci una volta di più quanto opportuno sarebbe stato che quell’ascesa si fosse effettivamente realizzata.

Non è stato così. C’è da combattere, e Bonaveri lo sa fin troppo bene. Così proprio con Magnifico (il singolo brano) apre questa che non è propriamente un’antologia, visto che tutti i brani sono stati ricantati (fatta eccezione per i due provenienti dal suo ultimo album di inediti, La staffetta, del 2015, “perché – ci ha detto – quelli li avrei cantati praticamente nello stesso modo, essendo passato così poco tempo”) e in parte anche risuonati. In più c’è un inedito, magistrale, delicato e toccante, Le piccole vite, con al centro un gatto.

Per il resto i pezzi da novanta si sprecano. Menzioneremmo ancora, fra straripante energia e soffice lirismo (sì, ci sono entrambe le componenti, e tutto quanto ci sta in mezzo), oltre ai due brani citati, che appunto aprono il disco, Torquemada e Clandestino, appartenenti alla prima categoria (i pezzi energetici), e poi le due Danze consecutive (che in realtà in origine aprivano e chiudevano Città invisibili), La justice, Onde, Distopia, Le mat, Lettera al figlio, Le città invisibili e Delle diversità. In tutto sono diciotto canzoni, un’ora e un quarto di musica bella fitta, netta, coinvolgente: a parte l’inedito, una proviene da Scivola via (l’omonimo), quattro da Magnifico, sei da Città invisibili (2010), quattro da L’ora dell’ombra rossa (2011), calato nel mondo dei tarocchi, e due, come detto, dall’ultimo nato, La staffetta.

Dire di più sarebbe superfluo, se non consigliare, magari, di dare un’occhiata alla lista (per forza di cose parziale) dei musicisti coinvolti, a partire da quel Mario Arcari che è stato compagno di viaggio preziosissimo di Germano così come di un certo Fabrizio e di un certo Ivano… Il quale Ivano (Fossati, ovviamente), Bonaveri ha detto di rimpiangere, intendendo ovviamente il suo ritiro volontario, così come quello, questo purtroppo involontario, di Gianmaria Testa. Ci ha fatto piacere sentirglielo dire, sia perché concordiamo, sia perché certe schegge si colgono, ascoltando questo bellissimo disco (di Testa emerge per esempio l’evocatività calibrata, quasi sorniona, specificatamente in Danza Adieu). Così come non mancano altre suggestioni: magari il citato Fabrizio, e Gaber, Guccini… Parenti nobili di un artista di sicuro spessore con cui a un certo punto il mondo di cui dicevamo all’inizio dovrà pur iniziare a fare i conti. Attendiamo speranzosi.