Talvolta, salendo le scale di questa casa mia, mi diverto a contarne i gradini. Mai nello stesso modo: uno ad uno, tre a tre... a seconda dell'andatura, dell'umore. Da bambino li scavalcavo freneticamente nei due sensi, per rubare minuti ai pomeriggi di gioco, reduce da giornate scolastiche tutte uguali, tra ricreazioni e studio.
Sei rampe. Sei rampe da nove gradini eccezion fatta per la prima, che ne contava solo quattro e che a me sembravano uno. Mi rivedo. Si' si'... Se mi concentro e rovisto tra le immagini ingiallite della memoria, trovo caricature ingenue di cio' che ero, degli amici, dei genitori. Avevo un eskimo verde con la E maiuscola che mi faceva sentire grande, come gli autonomi che in quegli anni facevano nonsochecosa. Una sciarpa piu' grande di me, grigia come i capelli di mio padre grigi da sempre, nebbiosa come la malinconia che si respira sui fiumi in autunno, quando le acque si vestono d'argento scivolando sulle pietre fredde di un sole lontano. Eccomi li', grassottello e rosso in viso, un po' per l'asma un po' per la spensieratezza, con la cartella sulle spalle, salire le scale. Mia madre che aveva gia' il pranzo pronto, le uova e le patate fritte a tormentare un fegato giovane ed ignaro che sopportava con benevolenza per non privare il palato di quel piacevole ed insano quotidiano. Mesi e mesi di partite a pallone, di soldatini, di fucili in plastica. Di gioia ignara, insomma. Salivo i gradini quattro a quattro. Quando andavo alle superiori affrontavo quelle rampe con forza, senza aggrapparmi al corrimano, sicuro nell'incedere ma misurato. Qualcuno avrebbe detto che le calpestavo, quasi con disprezzo. In realta' scandivano il tempo mio, percio' le rispettavo: la mattina alle sei per andare a scuola, alle due il pomeriggio per rincasare, mezz'ora dopo per andare in palestra e a sera per dedicarmi allo studio. Poi ancora giu', con gli amici, a tirar tardi parlando di donne, libri, donne, donne... Al rientro, quasi sempre verso mezzanotte, cambiavano aspetto: piu' polverose, piu' mature. Ogni sera invecchiavano di un giorno, guardandomi passare silenziose tutrici di ragnatele antiche. Le mie scale. Allora vestivo come capitava: quasi sempre jeans e maglione, al massimo una giacca a vento. Chissa' perche' di me ricordo sempre cio' che indossavo in Inverno, cio' che ERO d'Inverno... Cosi' come di dio si vuole ricordare solo cio' che di buono ha fatto, quasi ad esorcizzare cio' che di orribile per suo comando ed in suo nome si e' compiuto; cosi' come chi oggi non e' cerca di raccontarsi per cio' che era; cosi' come i parenti si accorgono di avere amato solo quando sono pupazzi neri davanti ad un feretro. I miei Inverni non erano freddi: non ho mai avuto freddo. Salivo i gradini uno ad uno. Quando ho cominciato a lavorare il mondo assunse colori nuovi. Avevo la ragazza, mia futura moglie. Soldi, pochi ma veri. Miei insomma. Allora salivo le scale, due gradini alla volta ma stancamente perche' la fatica era talvolta cosi' forte da poterla toccare, appoggiarmici. Le incontravo poche volte nel corso della giornata, disattento come ero non le guardavo piu', semplicemente le usavo. Quando entri nel mondo degli adulti sei portato ad usare le cose, smetti di viverle e non ti accorgi piu' di quei segnali che un tempo ti facevano riconoscere il tuo universo, quelle flebili tracce di quotidiano che tuttavia ritroviamo anni dopo stupiti in un colore, un odore, una ragnatela. Se nell'atto di rincasare tenevo una sigaretta tra le dita, lasciavo noncurante cadere la cenere sui gradini; non vedevo piu' il fango pluviale dei sentieri di casa avvinghiato a loro, non sentivo piu' il tic-tac del temporizzatore della luce, lo schianto secco e discreto del portone alle mie spalle. Abitudine? Forse.O forse no, ma non volli pensarci. Salivo i gradini due alla volta. Ora che sono vecchio ho ricominciato a salirli uno ad uno, scoprendo che ognuno serba un ricordo della passata eta'. Ognuno di loro sembra chiedermi di rallentare il lento ed incerto incedere per raccontarmi di me, quasi a risaldare un antico legame che ci vide crescere insieme. Ognuno di loro mi costa una eternita', sempre piu' alto e liscio con troppe ragnatele e troppa malinconica dignita'. Ora ho cominciato ad accudire le scale di casa mia, ora che salirle e scenderle costa fatica ho cominciato a spazzare via la polvere, a lucidarle, a volerle bene.