Intervista con Germano Bonaveri di Genziana Ricci

Fonte: Genziana tra i fiori

Germano BonaveriL'11 Novembre 2011, ad appena un anno dall'uscita di "Città Invisibili", è uscito il suo nuovo album, "L'Ora dell'Ombra Rossa", ispirato agli Arcani Maggiori del Tarocco di Marsiglia. Germano Bonaveri non lascia nulla al caso in questo album, compresa la data di uscita, e sceglie precisi riferimenti culturali per allacciarsi al momento che stiamo vivendo. Oggi ci addentriamo nel dettaglio della ricerca musicale e personale condotta dal Poeta Contemporaneo della Musica, approfondendone significati, legami con l'attualità e questioni tecniche.

Ecco l'intervista che Germano Bonaveri ci ha rilasciato...
D: Eccoci Germano: siamo arrivati al grande giorno. L'11 novembre 2011. E come dicevi tu: "Prima o poi doveva accadere". Ci puoi spiegare le motivazioni che ti hanno spinto a scegliere questa data per l'uscita del nuovo album e cosa, secondo te, prima o poi deve accadere (o sta già accadendo)?

R: Accade che il potere si è manifestato con la sfacciataggine di chi sa ( o ritiene) di avere la strada oramai spianata. Accade che in Europa ( questa Europa che non è mai nata se non nel delirio egemonico dell'elite bancaria e finanziaria) si stia sottraendo la democrazia al popolo (iniziando dalla Grecia) e le persone credano che tutto sia giusto, tutto sia dovuto perché glielo dice la televisione. Accade che la cleptocrazia sia al potere.



Accade che nel mondo immensi sommovimenti geopolitici stanno causando ogni giorno la morte di migliaia di persone, e nessuno reagisca perché la morte rappresentata in tivù e con  numeri così impressionanti, sia poco sconvolgente: inorridisce molto di più un singolo delitto casereccio su cui teniamo puntati gli occhi perversi e deformi di alcuni programmi per casalinghe ammalate di noia.

Accade che tutto sia asservito a questo mercato: anche l'arte, che oramai ha cessato di essere il luogo in cui coltivare il talento con fatica, passione ed abnegazione e sia oramai utile solo comparire qualche secondo per sperare di avere l'autorizzazione ed il diritto ad una esistenza e poco importa se squallida nella realtà: è la rappresentazione mediatica che deve essere grandiosa.

Accade quindi che gli ultimi rivoluzionari, gli artisti, vengano oscurati con il beneplacito del pubblico, anestetizzato e contento  con le orecchie devastate dal fragore volgare di questa vacuità.

Accade che tutto si è rovesciato: chiamiamo statista un pluri inquisito, giornalista un prezzolato imbratta fogli prono alla scrivania di un padrone, diamo premi Nobel per la pace a personaggi che esportano nel mondo guerra e uranio impoverito, artista un depistatore di valori, finanziere un usuraio, politico un analfabeta raccomandato.

Accade che si viene tagliati fuori dal sistema se non si sta a capo chino e conformi alle procedure, quelle che un'era della tecnica spietata pretende da esseri che di umano stanno conservando ben poco: sommersi da routine di gesti sempre uguali, pretendono di  spiegare persino dove dobbiamo pisciare, per citare Ganer. Abbiamo lasciato assassinare l'Homo Faber per una falsa garanzia di tranquillità. Ci siamo lasciati impoverire da dissennati banchieri, e adesso stiamo affidandoci ad essi illudendoci che possano salvarci.

Accade che le persone siano spaventate, e questo il potere lo sa: più spaventate sono, meno oseranno chiedere cambiamenti, nell'angosciante ipotesi che possa andare peggio.

Accade che le cose che dicevo 5 anni fa mi facessero etichettare come mitomane e complottista ed oggi che vengono sdoganate dalla televisione sono diventate quasi familiari.
E mi fermo qui.

D: Quando è nata l'idea dell'album e in quale arco di tempo si è sviluppata?

R: Ci sono canzoni che hanno 20 anni (LE BATELEUR, LA ROUE DE FORTUNE) ed altre nate 5/6 anni fa. Circa sette sono state scritte nel 2010/11.
Nel 2010, diciamo a febbraio, ho stabilito che in questo nefasto mese di novembre sarebbero accadute le cose che oggi sono all'ordine della cronaca, ed altri avvenimenti che giungeranno.
Volevo fare un album di proposta: la proposta di una evoluzione sociale etica e cosciente, con un linguaggio che avesse diversi livelli di lettura per poter essere interiorizzato anche a livello inconscio da persone di diverso livello culturale.
L'ho chiamato L'ORA DELL'OMBRA ROSSA per dare rilievo a questa idea che oramai e' inderogabile muoversi, ciascuno nel proprio piccolo ambito, perché ora, davvero, il nostro futuro è in gioco. Non possiamo più nasconderci vigliaccamente dietro alla nostra presunta impotenza.
Il risorgimento delle persone DEVE iniziare necessariamente in quei contesti dove ancora non e' impellente sopravvivere, quindi qui, in Europa, o negli Stati Uniti. In altri paesi le persone devono arrivare vive alla fine della giornata sperando di dormire con qualcosa nella pancia e rivedere l'indomani il sole.


D: Il disco è composto da 11 canzoni, ognuno rappresenta una carta del Tarocco di Marsiglia. Perché hai scelto proprio questo tipo di carte e quale significato conferiscono al disco nel suo insieme?

Il tarocco rappresenta una antica tradizione esoterica di conoscenza e contiene simbologie che descrivono anche i moti evolutivi di un percorso iniziatico/esoterico. I marsigliesi poi sono probabilmente la riproduzione più antica di cui disponiamo. Il tarocco inoltre evoca nell'immaginario popolare un mondo magico, legato a superstizioni e paure archetipiche dell'uomo: quelle legate all'incognito. Arkéos del resto, vuol dire nascosto, celato. Gli arcani quindi sono un invito all'esperienza, spostano lo sguardo dall'idea morta della fede per suggerirci di esplorare e proporci di non fidarsi, di tentare di capire.
Consentono anche un linguaggio metaforico, il che mi ha permesso di "piegare" alcune carte alle mie necessità narrative.
In ultimo, proprio per la complessa simbologia che a livelli di conoscenza più specifici essi contengono, mi hanno permesso di usare un linguaggio compositivo per così dire -multilivello- capace cioè di parlare alla persona comune come all'intellettuale.


D: Durante la conferenza stampa di presentazione dell'album, hai detto una cosa che mi ha incuriosito: che confondi spesso due figure del tarocco, il Matto e l'Eremita. Si tratta solo di lapsus momentanei oppure c'è una particolare ragione?


R: No, è una provocazione voluta: son due carte molto differenti tra loro. La vera analogia esiste tra la carta del matto (LE MAT) e l'arcano senza nome (la carta XIII), che molti chiamano erroneamente la morte.
Una vecchia storia zen racconta che un vecchio saggio, resosi conto che la notte seguente tutte le fonti della provincia si sarebbero inquinate ed il popolo tutto sarebbe impazzito, si recò in città, per avvisare tutti di non bere acqua dai pozzi e farne una scorta. Ovviamente venne deriso, e nessuno fece quello che fu suggerito. L'indomani il maestro che non aveva bevuto acqua del pozzo, recandosi in paese venne considerato da tutti gli altri , che invece avevano bevuto dalle fonti inquinate, come un povero vecchio impazzito, al punto che nemmanco si capiva cosa stesse farneticando in un linguaggio oscuro.
La giustizia stabilì che si sarebbe dovuto uccidere il vecchio.
Scappò allora in fretta alla dimora e bevve l'acqua del pozzo: non immaginate che festa in paese, nel vedere che proprio mentre la giustizia stava andando a prelevarlo per eseguire la sentenza, il caro maestro si era rinsavito ed era tornato ad essere la persona che prima tutti stimavano.
Il matto e l'eremita sono due figure antitetiche: una non agisce per l'esperienza e vive una condizione di meditazione vigile, l'altra è riflessiva, vede nelle tenebre e porta in sé le chiavi della saggezza, che il freddo Saturno gli ha concesso.

D: E poi dicevi che Giustizia ed Equità sono due cose diverse...

R: Sì. La giustizia è imperfetta. Applicata alla virgola può essere devastante. Intanto è un progetto umano, un tentativo di consentire una convivenza a bestie che altrimenti si massacrerebbero ancora di più di quanto oggi non accada, eppoi deve costantemente essere adeguata alle condizioni sociali del luogo in cui viene applicata.
EQUITA' è quello strumento necessario in quanto correttivo della giustizia.
Un povero ruba una mela per sfamare tre figli. Un ricco ruba la mela perché gli va, e pensa pure di potersi pagare un buon avvocato e stare fuori di galera. Se facessimo scontare loro la stessa pena saremmo ingiusti: il povero ha rubato la mela ad un fruttivendolo, forse salvando la vita dei suoi figli mentre il ricco ha rubato la mela al fruttivendolo ed al povero.
Equità commisurerebbe due pene molto diverse per lo stesso delitto. Nella nostra società non solo non giudichiamo secondo equità, ma facendoci beffe della giustizia, consentendo franchigie ai potenti  e portando indifferenza a queste questioni ci siamo resi complici di un sistema INIQUO, che è l'opposto dell'equità.


D: In "Città Invisibili" troviamo un Marco Polo saggio e forse anche idealista che dice, tramite le parole di Italo Calvino, "...di cercare di riconoscere chi o cosa, nell'inferno che formiamo stando insieme, non è inferno e dargli spazio". E ne "L'Ora dell'Ombra Rossa" chi è il "personaggio di punta"?

R: Non ho inserito eroi in questo disco. In questo disco l'eroe è quella massa informe ed impaurita che è l'umanità, o meglio le persone perché a differenza dell'umanità (concetto molto vago e sfumato) hanno tutte un volto, dei sogni, delle necessità e dei desideri.
L'eroismo cui siamo chiamati TUTTI è quello del riaffermare la nostra dignità, del riappropriarci del linguaggio, dell'avere il coraggio di non cercare più rifugio in scatole vuote ed immobili nelle quali ci hanno rinchiusi e riaffermare con forza che siamo su questo pianeta per viverlo, per condividerlo senza lasciarci derubare della nostra ricchezza, che è quella capacità creatrice e creativa che qualcuno vuole disinnescare per trasformarci in sudditi, piuttosto che cittadini del mondo.

D: Parlaci del progetto. Chi ti ha aiutato in questo lavoro, sia per la parte tecnica che per quella "morale", per così dire?


R: Se i dischi precedenti erano racconti, questo è il mio romanzo.
L'ho concepito in solitudine, ragionandone ogni sfumatura e riadattandolo continuamente fino a dargli l'aspetto che ha ora.
Riferendomi invece a questioni prettamente pratiche, allora devo ringraziare Patrizia, che mi è stata vicina dispensandomi impressioni e consigli, instillandomi costantemente il dubbio e sostenendomi nei momenti di difficoltà. Poi devo ringraziare Antonello D'Urso, che ha saputo interpretare alcuni arrangiamenti che avevo in testa e spesso necessitavano di essere trasmessi ai musicisti attraverso un linguaggio più tecnico, che non mi appartiene: io procedo per similitudini quando arrangio un disco. E' dannatamente bravo nel registrare gli strumenti e la voce: senza di lui non avrei saputo come ottenere i suoni del CD.
Devo ringraziare Maurizio Biancani, solido ed esperto maestro dei suoni, capace di mixare il tutto valorizzando e dando corpo agli ambienti che ho disegnato. Imerio Vignoli, che mi ha sempre sostenuto in questo oramai decennale viaggio e Topino, il mio gatto, che sopravvivendo ad un tumore mi ha insegnato ancora una volta cosa significa essere un eroe.

D: All'interno dell'album sono chiaramente udibili nuove sonorità ed anche una ricerca maggiore nei sottofondi che fanno da contorno a musica e parole. Vuoi parlarci del motivo di questo "spostamento" maggiore verso il rock e l'hip-pop ed anche delle atmosfere di sottofondo?

Non amo ripetermi nei dischi: secondo me chi plagia se stesso è artisticamente morto. A meno che non lo faccia per la necessità di continuare un discorso interrotto, ma in una epoca dove i dischi raramente sono "concept" questo non accade quasi mai. Il mondo musicale del disco evolve continuamente: non ha un genere, perché anche musicalmente volevo sottolineare un principio: il desiderio di appartenenza genera il diverso, l'avversario… quindi ha in sé il germe della violenza.
I brani hanno la musica e la struttura che mi sembrava più idonea all'ambientazione ed alle evocazioni del testo.


D: Quanto è stato duro il mixaggio? So che è un'altra di quelle attività che vi ha richiesto non poca fatica, ma che nello stesso tempo avete voluto condividerla con quanti vi seguono da tempo, anche tramite il sito bonaveri.it...

R: Due mesi di lavoro. L'ultimo interamente in studio, presso FONOPRINT di Bologna. E' stato concettualmente facile poiché avevo già in testa il suono che volevo. Il disco era un organismo già autonomo nei miei progetti fin dalle prime registrazioni.
Difficile è stato per chi ha collaborato con me interpretare le mie esigenze e mediarle con il possibile. Considera che in ogni brano c'é un ambiente reale registrato spesso in condizioni disagiate per dare ancora più realtà al mondo che volevo evocare.
Per esempio, ne L'AMOUREUX Antonello ha registrato un tramonto in una vigna a Grottaglie, o ne LE MAT c'è il mare di Torre Pedrera registrato a febbraio, così come in XIII i passi nella neve sono stati ripresi a Comacchio, ed immagina cosa significava registrare e camminare a tempo col brano.


D: Dagli operatori di settore sento spesso dire che va dato spazio alle nuove iniziative, ma forse, per la mia esperienza nell'ambito, questo è valido più nel campo delle arti visive. E in quello della musica? A che punto pensi che siamo?

R: Alla preistoria. C'è una grande ignoranza e disattenzione nel mondo, e la musica non ne è esente. Se guardi una programmazione media, in Italia si esibiscono sempre i soliti: colpa dei promoter ma anche delle persone, che sono oramai abituate a cercare solo quello che conoscono perché più rassicurante e perché spaventate come dicevo poc'anzi, quindi incapaci di addentrarsi in terreni nuovi. I concorsi sono autoreferenziali e giocati su equilibri di amicizie e convenienze abbastanza ridicole, perché la torta da spartire è talmente piccola ed insapore che non ne varrebbe la pena. La televisione? Una spinta alla mediocrità, poiché in un momento in cui non esiste futuro, in cui un giovane non osa ipotizzare di acquistare quattro mura e mettere su famiglia, meglio illudere con programmi che sembrano dire: "Su questo palco potresti starci anche tu… provaci: non serve nulla: né fatica, né studio, né lavoro: serve solo la mediocrità." E tutti a tentare la sorte con i vari X-Factor: una volta c'era la schedina.


D: Un'altra cosa che hai detto che mi ha particolamente colpito e che si riallaccia con quello di cui parlavamo poco fa è che "Per dire qualcosa di diverso bisogna autoprodursi"...


R: Certo. Se il pubblico sapesse come un produttore di musica considera gli spettatori, ne sarebbe offeso. L'idea è che in questo momento chi ci sta leggendo sia un acefalo cui bastano 4 parole: cuore, amore, sudore, colore e un ritornello al secondo numero 24 per essere contento "tanto parole diverse non le capisce" è l'idea condivisa. A ciascuno dei tuoi lettori lascio le successive considerazioni.


D: Nella canzone 8, La Ruota della Fortuna, troviamo una piacevole sorpresa. Voci e sonorità nuove, hip-hop/rap. Chi sono questi ragazzi che cantano insieme a te? Parlaci di loro, di com'è nata la collaborazione, di come si è svolta, di eventuali difficoltà che avete riscontrato e dell'esperienza in generale.

R: Un giorno, mentre stavo valutando cosa fare per evidenziare ad un certo punto del CD il fatto che tutto cambia, che il sistema è crollato, mi arriva la mail di un ragazzo, che si faceva chiamare Claw Le Maudit. Mi spiega che apprezza il mio lavoro, ed il discorso che cerco di portare avanti dandomi la disponibilità a collaborare.
Seguo il link e scopro che fa parte di un gruppo Rap e crossover, LO STUDIO STAFF. Ascolto diverse cose loro, e scopro che mi intrigano.
A quel punto ho avuto l'idea: ho preso il testo della canzone LA ROUE DE FORTUNE e  ho chiesto loro di musicarlo, quindi, a loro piacendo, di interpretarlo.
E' stato tutto molto naturale, ci siamo trovati subito e la canzone è nata in tempi brevissimi.
DJ Masta Fuck, Claw Le Maudit e Anghelos El Greco: LO STUDIO STAFF.  Credo sentiremo ancora parlare di loro.


D: Il genere hip-hop è un "universo musicale" abbastanza lontano dal tuo. Tuttavia, non credi che questo genere musicale si adatti particolarmente al contesto generale in cui si muove l'album proprio per la sua connotazione di "denuncia dei fatti della società"?


R: Credo che le canzoni le facciano le persone, e debbano solo rappresentare la verità di chi le interpreta. Loro sono quello che si percepisce nel brano, penso che non avrebbero saputo cantarla se non l'avessero condivisa. Sul palco le persone vogliono vedere rappresentata la verità, al di là dell'apparenza.
Questa cosa è stata svilita dai grandi canali di comunicazione, che oramai si nutrono di superlativi assoluti persino per descrivere una saponetta, e l'arte in genere ne ha fatto le spese.


D: Il disco è stato tradotto in spagnolo e presto sarà tradotto anche in inglese e francese. Come mai questo desiderio di internazionalizzare, quali i vantaggi e le difficoltà incontrate?

R: Lo spagnolo perché in Sudamerica ho buoni riscontri anche dalla rete radiofonica nazionale. Ho deciso di cantarlo in altre lingue per un fatto etico: sento l'emergenza di dare un contributo seppur piccolo per tentare di cambiare le storture che mi circondano, ho la possibilità di cantare in lingue diverse quindi la cosa migliore per coinvolgere nella proposta e nel ragionamento più persone possibile, è cantare con le parole che altrove possono capire. Fare qualcosa, significa spesso andare a cercare l'altro, non aspettare che bussi alla nostra porta.


D: Chi pensi che "ti ascolterà" aldilà dei tuoi fans? A chi o cosa vuoi arrivare con questo album e soprattutto: pensi che siamo pronti a tutto questo?

R: Ho la convinzione che le persone, là fuori, siano migliori di quanto non si voglia fare credere: hanno solo una paura fottuta. Ho riscontri bellissimi in questo periodo in cui faccio conferenze per presentare il disco: partecipano e vogliono esprimere le loro opinioni, testimoniare la condivisione di alcune proposte…cambiare, insomma. Vecchi e giovani, donne e uomini: hanno tutti in comune la voglia di parlare dei loro problemi, condividere le paure e sentirsi così meno soli. La paura a differenza del dolore, si può condividere e quindi allentarla un po'.
Certamente non godo del supporto degli allineati: chi insegue i miraggi vacui dello stereotipo sociale imposto dai media non mi annovera tra i suoi beniamini. Ma ho ancora strada da percorrere.


D: Perciò mi sembra di capire che rimani fedele alla posizione che hai sempre avuto in tutti i tuoi album: quella di parlare alle "persone" e non al "pubblico"...si tratta di due cose molto diverse, non trovi?

R: Le persone hanno una faccia, un cuore, delle paure, dei sentimenti. Il pubblico è una cosa vuota, passiva. Ha la faccia di tutti, quindi di nessuno. Io voglio incontrare le persone, quando scendo dal palco.


D: Qual è la frase che ti senti dire più spesso dai tuoi detrattori?

R: Che chiedo troppa attenzione, che la "gente" non capisce niente, quindi non sono commerciale.


D: Germano, sai che per la mia testata è stato un grande piacere recensire in anteprima il tuo nuovo album. Puoi dirmi come mai hai scelto proprio la nostra testata, tra altre forse più specializzate?

R: Perché sei una persona sincera, e come sai ti chiesi di stroncare il disco, se non ti fosse piaciuto. Il giornalista oggi non stronca nessuno…al massimo quelli come me eterni esordienti perché mal che vada non perde nulla. Tutti vogliono piacere a tutti, sempre e comunque: siamo una comunità umana malata di clientelismo. A qualcuno il mio disco farà pure schifo: é ben accetto, quando motivato.
Tu lo hai ascoltato, hai voluto capire, ti sei insomma sbattuta e dopo la fatica che ho fatto a costruirlo, ho apprezzato la non superficialità con la quale ti ci sei approcciata.

D: Grande radio nazionale. Ad un certo punto trasmettono una delle canzoni del tuo nuovo album. Che effetto ti fa e quale canzone vorresti che fosse trasmessa?

R: Grazie al cielo capita già, dai tempi di MAGNIFICO, cioè tre dischi fa. Fa piacere, l'egocentrismo sano che mi spinge su un palco si nutre di queste piccole soddisfazioni. Capita in Svizzera, in Argentina, in Slovenia ed in Italia. Io poi sono un animale da palco, adoro i live, quindi l'emozione più' grande me la regala ancora il pubblico dei concerti.


D: So che hai di recente pubblicato un sito appositamente dedicato al nuovo album (www.ombrarossa.com), e che stai organizzando su scala nazionale anche gli INCONTRI DELL'OMBRA ROSSA.  Ma credo non ti fermerai qui. Puoi parlaci delle iniziative legate a questo nuovo album e del riscontro che stai ottenendo dagli incontri?

R: Concerti, un progetto teatrale e forse, chissà, un libro. Un disco nuovo, che sarà pronto tra due anni, credo. Sostenere iniziative legate alla memoria, specie alla Resistenza dei nostri Partigiani.

D: Come sempre per terminare l'intervista, ti chiedo se c'è una domanda che non ti ho fatto ed alla quale vorresti rispondere, o un messaggio che vuoi mandare a tutti i nostri lettori.

R: Mi faccio la domanda: "Quali sono le cose che ti fanno più paura al mondo?"
Mi rispondo: "L'ignoranza dei superficiali, e la superficialità degli ignoranti"
Alla prossima, Genziana, e grazie.


Non mi rimane che ringraziare Germano Bonaveri per la pazienza che ha avuto nel rispondere alle nostre domande, invitando tutti i nostri lettori a seguire le iniziative legate al nuovo album "L'Ora dell'Ombra Rossa" sul sito www.ombrarossa.com o www.bonaveri.it